mercoledì 17 aprile 2019

Compagni di merende

Ieri ho incontrato Benji e il cugino del pagliano: curioso che non riesca a ricordarmene il nome dato che c'è stato un tempo in cui passavo più tempo con lui che con la mia ragazza brigando per i soldi e la droga.
Di Benji non posso dimenticarmi non fosse altro che è il fratello di Zanna che è morto nell'anno della sfiga 2017 e che le nostre vite da borderline si incrociano saltuariamente nel corso del tempo da quando lui non era che un ragazzino molto vivace che si ingozzava di eccitanti ai rave, prima del millennio.
Inoltro non posso dimenticare quella sera ai magazzini generali in cui, a fine serata, durante la solita rissa finale a porte chiuse che divertiva tanto i miei sedicenti seducenti amici lo vidi tirare un anfibiata sulla testa ad un tipo che era già steso a terra. Dio solo sa come quel tipo non sia su una sedia a rotelle o morto, anche se al momento non sono stato li a guardare cosa gli fosse successo. Cmq adesso che ci penso Benji non è il fratello di Zanna ma del Chu, zanna era fratello di Chamu'.
Questo la dice tutta sulle capacità di gestione della rabbia e del calcolo delle conseguenze del mio “amico” Benji” e sulla mia memoria malandata.
Cmq non era un caso che, come già sapevo dalla mia amata ex mogliettina, Benji era uscito dal carcere da pochi giorni per omicidio stradale.

Erano circa le sette di sera e io venivo verso Gratosoglio lungo via Meda e loro andavano sul marciapiede, i nostri sguardi si erano incrociati ed io ero passato oltre. Un bangla mi aveva chiamato con la sua insegna urlante “Ceres c'è” e avevo sbandato a sx.
Solo a quel punto avevo sentito il cugino del Paglio ( come cazzo si chiama?) dire “ ma è Pietro quello?”
almeno non mi chiamano Nutrio” ho pensato,
Non mi avevano riconosciuto tanto sono cambiato, dimagrito morto e rinato, allora mi sono fermato e abbiamo cominciato a scambiarci convenevoli da tossici: dalla mano sinistra di benji, dalla parte opposta della destra che mi stringeva la mano pendeva una 8.6. e come mi aveva porto la mano destra ora mi offriva il contenuto della sinistra.
L'avevo automaticamente afferrata ma era semivuota e gliela ho restituita senza berla, non certo per le malattie che avrei potuto contrarre ma per lo schifo che mi era salito all'idea di bere una birra ad alta gradazione calda e sgasata e condita con il suo sputo. Aveva un felpa nera con scritte rosse blu orripilante mentre raccontavo loro che ero stato in clinica psichiatrica poi in comunità e loro avevano registrato la cosa banalmente, ne avevano sentite e passate di tutti i colori: tre mesi di comunità erano proprio un cazzo per loro. Del resto da un certo punto di vista erano una cazzata pure per me.
Alla mia domanda sulla galera, la sua Benji era stato piuttosto reticente “ tutto bene” aveva risposto come se farsi quattro anni di gabbio per avere tolto la vita ad un'altra persona alla guida ubriaco di un furgone di proprietà di suo padre fosse un esperienza come un'altra e questo la dice lunga sulla gestione del senso di colpa del mio caro “amico” Benji
stavo giusto comprandomi una birra” ho detto senza pensarci troppo e sono entrato dal bangla senza troppo pensarci e ho comprato una tennents.
Perchè se è vero che sono cambiato è altrettanto vero che non ho smesso di bere.
Ogni sera quando arrivo in fondo alla giornata sobrio sento impellente il desiderio di bere di stordire i miei sensi sempre all'erta e ho ricominciato a bere.
Cmq loro stavano andando a cercare un cinese dove mangiare, Il cugino del paglio ( porco dio non mi ricordo come si chama, misteri della mente) aveva aperto una 8.6 e io volevo stappare la mia tennents.
Solo allora mi sono accorto che non ho più il cavatappi attaccato al portachiavi, l'ho staccato la mattina che mi sono rinchiuso in clinica, 100 kg di cristiano sull'orlo del baratro, e la bottiglia mi scottava nella mano, avevo paura che la gente mi vedesse, di potere incontrare qualcuno, il cugino del Pasglio mi ha guardato incuriosito mentre mettevo la birra nello zaino: è sempre stato un tipo sveglio, se solo mi fossi ricordato come si chiamava, avrei intavolato una conversazione con lui e non con tutti e due. Invece erano loro che conversavano mentre io li seguivo arrancando come uno zoppo chiedendo se sapevano qualcosa di Stefanino, ma non ne sapevano niente: è così fra i tossici, se non ci si incontra nei luoghi di spaccio o non si è compagni di merende “intimi” non se ne sa nulla di niente e di nessuno, a meno che qualcuno non muoia allora se ne ricordano tutti e giù melodrammi.
Alla terza volta che avevo chiesto di Ste Benji mi aveva apostrofato
ma che cazzo, ti sei innamorato di quel coglione del Gonzo? E chi chi se ne frega”
lo avevo già annoiato....ho continuato a camminare aaccanto a loro ascoltando i loro discorsi
che vertevano sulla figa, delle fige specifiche : la Franca, la Greta e sa il cazzo chi altro.
Il cugino del paglio, non sapevo chiamarlo, rivolgergli la parola da solo a solo perchè non mi veniva il suo nome.
Era un lapsus freudiano: perchè lui non era come Benji un animale da strada ma uno un po' più sensibile, e a volte nei nostri deliri avevamo parlato anche di cose profonde e di arte, come solo in stato alterto si può fare.
Mi ero sentito in dovere di continuare a raccontare la mia esperienza in campo di rieducazione e Benji era rimasto interessato dalla comunità dove ero stato “ mi hanno detto che è la meglio, è vero? Dopo due tre mesi ti danno anche il cellulare”
se essere rinchiusi è bello si, allora credo che la galera sia peggio, magari riesci anche a scopare”
visto?” aveva detto Benji a.....?” come cazzo si chiamava?
sono tutti cocainomani cmq, sti ragazzini che c'erano” ho detto io
beh del resto”
beh, sai che c'è, adesso secondo me sono cambiati i tempi, ai nostri tempi le leggi e la percezione delle droghe era diverso” ho provato a spiegare quello su cui avevo riflettuto per tre mesi, tra le tante cose.
I pensieri mi si affollavano nella mente ma era impossibile spiegarmi, nel caos di via Meda, nel rumore di fondo di questa città che rende tutto confuso, troppe parole e così poca capacità di sintesi specie in questo caos che mi da il panico da che mi ricordo, da quando ho cominciato a ragionare con la mia testolina bacata.
siamo borderline,” aveva detto Mister x ( come cazzo si chiama?)
anche a a me mi hanno catalogato così”
sai che c'è? noi la linea di confine su cui ci dicono che camminiamo da tempo ce la siamo pippata subito” aveva tagliato corto Banji e questo la dice lunga sulla capacità di gestione del pensiero filosofico del sopradetto Benji.
minchia come sei invecchiato” mi aveva detto “ per cambiare argomento
come invecchiato? Ma se sei mesi fa sembrava che avevo vent'anni di più?
no, parlo dei capelli sono diventati molto più bianchi”
ah, i pensieri sono stati” non ci credevo nenanche un po' e questo la dice lunga sulla percezione che ho io delle apparenze di me stesso.
Li avevo accompagnati fino all'angolo di via Tibaldi e ormai non mi cagavano quasi più: stavano cercando un cinese dove mangiare e parlavano di che direzione prendere, normali discorsi umani, anche i tossici mangiano, solo ho pensato che avessero soldi in tasca e probabilmente avevano anche della droga nell'altra ma non ho voluto approfondire
beh ragazzi io vado a casa, se no mi perdo l'eredità”
che eredità?” era stato l'ultimo lampo di attenzione: soldi gratis o a scrocco
la trasmissione di rai uno”
ah si.... minchia Pietro che uomo serio” mi aveva detto il ??? ( cristo come cazzo si chiama)
sai com'è a momenti non ci lascio le penne con quella roba “ avevo detto sogghignando e indicando la 8.6 nella sua mano e tra noi due per un attimo c'era stata un po' della vecchia complicità, quella tra persone sensibili in un mondo anestetizzato.
Benji era escluso da quel saluto, era già avanti e mi aveva salutato con un cenno da dietro le spalle io e lui ci eravamo stretti la mano
beh ci si vede in giro”
mentro lo dicevo sapevo che non era vero, che chissà se li avrei rivisti prima di morire ancora una volta per caso come solo fra tossici, senza chiamare, senza cercare, solo spinti come cani sugli stessi odori che ora mnon mi attiravano più
Ero tornato verso Gratosoglio, e avevo telefonato a Silvia, la ragazza che dice di amarmi e che io sto cercando di amare. Due persone con le loro storie complicate e diverse in una città indifferente collegate dal filo invisibile delle nuove tecnologie, le avevo raccontato tutto.
hai comprato la birra?”
come potevo spiegare quello che provavo se non attraverso il mio corpo?
dai che domani ci vediamo”
Tornando mi ero fermato ad un altro Bangla a comprare un altra ceres, ho sempre l'idea da alcoolizzato e tossico che la bummba non sia mai sufficiente.
Sono tornato a casa e mi sono bevuto la ceres mentre mi cucinavo tonno coi fagioli.
Non avevo indovinato la parola, e mi ero ingozzato come un maiale e poi, dopo il telegiornale, mi ero aperto la birra e mi ero messo sul divano.
Avevo sonno e striscia la giustizia stava giustiziando qualcuno, sul cellulare mi scambiavo frasi con Silvia, e avrei dovuto incorniciare alcuni quadri x una mostra.
Mi ero svegliato verso le dieci e mezza e la birra era li intatta sul tavolino, sul cellulare Silvia mi diceva, “ti sei addormentato sul divano?”
si” le avevo risposto ma adesso era lei ad essersi addormentata, o stava coccolando suo figlio.
Ho pensato che anche benji aveva un figlio e alla differente percezione che avevano di essere genitori Silvia e benji.
Avevo preso la birra fatto un sorso, sapeva di sconfitta e di niente: Ero andato in cucina e l'avevo svuotata nel rubinetto, un gesto che sei mesi fa non avrei mai fatto neanche sotto tortura.
Ero tornato di là e davano un bel film. Il personale umano di Virzì.
Un tempo sarei stato sveglio a guardarlo bevendo wodka e addormentandomi sul divano tutta notte con la tv accesa, risvegliandomi stanco come prima, come sempre alle quattro, riniziando a bere birra o wodka fino all'alba.
Invece avevo postato la canzone “ i wanna be your dog” a Silvia e scritto “buona notte”
ed ero andato a dormire nel letto dicendomi che si, sono sempre lo stesso ma un po sono anche cambiato. Continuavo a pensare alle loro mani, lercie, come per anni avevo avuto anche io, con cui mi iniettavo nelle vene eroina e cocaina fregandomene delle malattie e confidando nell'unico dio in cui mi sia dato di credere: la scienza statistica e pensando che domani sarebbe stata una bella giornata perchè l'avrei vista il mio amore quasi impossibile. Ma adesso lei non mi sta chiamando. E non verrà ma io non credo che affogherò i miei problemi nell'alcool.
C'est la vie.

domenica 7 aprile 2019

Milano rwanda.

E' la fine.
La finestra mi parla, mi chiama, il selciato palpita, la realtà ondeggia.
E' finita. Devo incarnare una volta per tutte questa umanità morente, puzziamo di cadavere appena nati, non ci posso pensare.
Ogni parola mi colpisce come un pugno.
Sono nudo sul letto, e penso ai vari modi per suicidarsi.
Tagliarsi le vene per fare uscire finalmente il sangue che mi ribolle nelle vene.
Spararsi nel cervello per farlo smettere di funzionare.
Impiccarsi per strozzare queste inutili parole in gola.
Sto nudo sul letto con questa insensata erezione e, ad un certo punto lo rivedo: Il giorno del giudizio, lo spartiacque della mia  vita: Kybuye, Rwanda, la mia città, il 7 aprile 1994.
Rivedo l'orrore, la strage.
Fin dalla mattina Radio MIlle Colline ha cominciato a dire di " tagliare gli alberi alti", condito con musica reggae e musica tradizionale Hutu.
Poi Rock n' roll: Motley crue e la frase " eliminiamo gli scarafaggi".
Alla spicciolata, dai campi, sono cominciati a scendere uomini armati, Interhamwe, non era gente del posto e si sono incominciati a sentire i primi colpi abbiamo iniziato a vedere delle persone fuggire.
Ma non c'era luogo dove andare. Ogni tutsi venisse trovato venivana radunati sulla piazza dellla chiesa, chi scappava colpito alla schiena.
Poi è cominciato l'inferno.
Prima hanno cominciato con le pistole e i fucili che avevano, precedenza ai maschi, uccidere gli scarafaggi che fino al giorno prima erano i loro, i nostri vicini di casa. 
Poi sono finiti i proiettili e siamo passati al machete e chi non lo aveva gli davano un bastone con due  chiodi conficcati alle stremità come le tibie della bandiera pirata.
Uso la prima persona perché adesso siamo tutti come loro, quelli che hanno cominciato la disinfestazione.
Tutti devono uccidere, chi non vuole farlo è un amico degli scarafaggi, a sua volta un insetto nocivo e come tale deve essere schiacciato. Non c'è una donna che non urli da entrambe le parti, donna o scarafaggio.
Dei bambini piangono rannicchiati , un tizio mai visto con pupille enormi e diverse mi trascina verso di loro e mi da il bastone, tremo:
" guarda sono solo scarafaggi" e mi punta il fucile. sarà ancora carico?, non voglio, è orribile ma quel pianto disperato e senza speranza mi sta facendo impazzire. Non distinguo più le pupille nere di paura dalla canna del fucile
"sono solo scarafaggi" ripete con occhi folli in cui non si distingue più il confine tra bene e male,vita e morte, ha le mani sporche di sangue.
Il pianto sale altissimo, il ritornello dell'uomo
"sono solo scarafaggi" mi entra nella testa come una lama e la canna del fucile è una pupilla: ho paura di morire, il mio braccio non vuole morire e si  muove, si abbatte: un colpo secco e il cranio del ragazzino si spappola con un "plop" osceno: sono anch'io un assassino. 
Poi ancora l'inferno,c'è sangue ovunque per terra sui vestiti, sulle mani sulle mie mani così distanti, siamo tutti inebriati dal suo odore come di ferro arrugginito.

Un intera giornata a schiacciare scarafaggi.
Scende la notte sulle verdi colline un tramonto bellissimo e su di noi scende la stanchezza:  ho ucciso quella famiglia di miei vicini, per penultimo ho decapitato il figlio che mi rubava il lavoro mentre il padre doveva guardare e ho violentato la sorella.
Sangue ovunque, ci laviamo con dell'acqua limpida, l'unica cosa limpida in questo giorno.
Altri scarafaggi tremano in fonda alla chiesa non devono scappare. domani arriveranno i proiettili e siamo troppo stanchi per colpire ancora. Per questo lavoro basta un taglierino o un coltello affilato. Solo gli uomini, le donne sono già morte, anche se respirano e tremano.
Tagliamo i tendini delle caviglie e li lasciamo nella loro trappola, urla strazianti, domani finiremo il lavoro se va bene con un paio di bombe a mano che dovrebbero arrivare; dall'altare un Gesù cristo immobile ci guarda e approva: "Dio è con noi Hutu", odia gli scarafaggi come noi "Le fosse non sono ancora piene" ma forse è radio Mille colline la voce che sento e Gesù se ne frega bellamente condannato da 2000 anni a stare appeso a una croce a guardare come un voyeur.
Le donne piangono i bambini urlano 
" tagliare gli alberi alti" 
d'un tratto sono pieno di rabbia, ritrovo le forze e colpisco nel mucchio, il machete si incastra nel cranio di una vecchia e devo far leva col piede per disincastrarlo.
Un Interhamwe sta violentando una ragazza, puttana, le andrà di lusso: la lasceranno viva che si porti dentro la nostra vendetta: sangue marcio e figlio Hutu, un mezzo scarafaggio.
Li guardo sotto l'altare maggiore, hanno smesso di vivere e ormai in silenzio aspettano che venga di nuovo la luce del sole, l'ultima che vedranno e sappiano che noi lo sappiamo, nessuno chiede più pietà non ce ne sarà. Mai più.
Mangiamo, sporchi di sangue e poi mi addormento di un sonno profondo. domani magari tutto questo sarà  solo un brutto sogno e invece, la mattina, un colpo di arma da fuoco mi sveglia.

e sono un assassino su un letto di spine e comode piume in una stanza disadorna nel mezzo del nulla, a Milano. sono un niente di carne ossa e nervi, stupido ragù destinato ad andare a male.
Ma anche oggi non trovo il coraggio.
La fine non è ancora arrivata.

ilano rwaa

venerdì 5 aprile 2019

una storia verosimile

Primo giorno

La mia pseudo mogliettina mi aveva lasciato da circa sei mesi quando la ex mogliettina del tipo con cui lei si era messa mi aveva chiamato x sedurmi e attuare una vendetta incrociata verso i nostri odiati ex pseudo maritini...tutto chiaro?.
Ma non era andata come aveva previsto ne come avevo previsto io: non deve essergli piaciuto il mio odore perchè dopo un paio di incontri inconcludenti e un paio di bacetti senza lingua mi aveva scaricato una notte nelle grinfie di una sua conoscente con bellissimi lunghi capelli rossi, gli occhi ipertiroidei e un corpo da quarantenne non troppo apprezzabile ma neanche orrendo.
A lei il mio odore era piaciuto anche troppo e la notte stessa in cui quell'altra mi aveva abbandonato insieme a lei di fronte a casa sua in via Standhal eravamo finiti a letto; e per me era iniziata una nuova storiella d'amore sesso e rock n roll.
Peccato che io fossi ancora troppo innamorato della mia ex mogliettina e lei pazza come un cavallo in generale: era ricca, figlia dei discendenti dei conti Troubelzkoy i famosi conti russi ambasciatori in Italia sfuggiti alle persecuzioni dei bolsevichi ai tempi della rivoluzione. Faceva bellissime fotografie e apprezzava le mie poesie ma nel contempo era disturbata e disturbante.
Quale era la sua fissa? : pensava che i suoi vicini la spiassero.
Viveva in questo splendido loft in via Standhal con una grande vetrata che affacciava sul cortile interno dello stabile e a tende aperte girava nuda rimuginando sui suoi vicini che la spiavano e la odiavano, boicottavano. Forse, mi venne da pensare, aveva avuto una storia col marito di quella coppia con figli di estrazione borghese, comunque, stava sempre la col culo al vento, la pancia cascante e quel cespuglio di venere rosso come i capelli a mangiare formaggini con l'aneto aspettando che qualcuno fuori la vedesse.
Però scopavamo spesso e non era neanche poi così male.
A volte.
Ma era troppo presto, per una nuova relazione e per di più io mi facevo di eroina come un coglione:
la mia vita era divisa tra il mondo di queste persone ricche e disagiate e quello delle tarantelle per procurarmi la droga e il lavoro al call center
Bugie, soldi, andare a comprare la droga con i miei compagni di merende
sempre con in testa la mia ex pseudo mogliettina e la speranza che venisse a salvarmi.

A quel tempo il mio alter ego era ancora Tony Miami e fumavo ancora stagnole di eroina; andavamo ad acquistare insieme io e Yacopo Ortles il mio compagno di merende preferito.
Andavamo da Rudi, il Diabolik dello spaccio, laggiù, nelle strade di campagna dietro il Fiordaliso a sud di Milano, a sud di tutto.
Tu chiamavi e dicevi la quantità di roba e coca e le buste in cui suddividerle e poi andavi in macchina e lui di nero vestito sgusciava fuori da una roggia con le buste pronte.
E Via... andavamo a casa di Gio' il poeta pazzo e pesavamo tutto e verificavamo che non ci avesse truffato. Non ha mai sgarrato di uno zero uno, guadagnava di più sul fatto che saremmo tornati.
Per sempre, di solito eravamo sempre ya, gio Ivan ed io e poi c'era sempre qualche biru biru di giornata qualche amico di un amico che non aveva trovato il suo negro e lo fregavamo sempre.
Cucinavamo la coca e fumavamo eroina e ricordo che non bastava mai e finiva sempre troppo presto.
La casa di giò era la tipica casa da tossico dove il caos era ormai arrivato ad un livello troppo alto per potervi rimediare e, tra mucchi di vestiti e padelle sporche e stagnole ci aggiravamo come topi cercando le tre cose che ci servivano:
stagnola accendino bottiglietta per il crack.
Sarebbe venuto anche il momento, più avanti, che mi sarei frugato le vene in quel disastro e che la mia stessa casa sarà un identico caos.... ma questa è un altra storia che ancora non mi sento di raccontare.

Litigavamo per due euro e gli accendini sempre scarichi poi scappavo da quell'inferno accogliente e andavo a casa o da la mia nuova fiamma: la contessa troubelzkoy.
Andavamo in vita, a scopare a bere a litigare a fare fotografie.
A volte avevamo passato anche belle serate baciandoci divertendoci, facendo arte di strada fotografie facendo di noi stessi opere d'arte, scarabocchi di vita sulla tela di Milano. Sembravamo anche poesie a volte ma dietro l'angolo c'era la sua paranoia e la mia tossicodipendenza.
Le nostre infelicità croniche, Ed erano litigi.

Quella sera dopo la sopradescritta tarantella ero andato a casa sua e avevamo Scopato e lei aveva iniziato con la solita tiritera per i suoi vicini ed era andato nuda a mangiare in cucina il suo formaggio con le erbe e io mi ero rimesso le mutande e stavamo li a ciondolare.
Saranno state le due di notte e lei, non contenta aveva reiniziato a stuzzicarmi toccandomi e sbaciucchiandomi ecc ecc mi aveva portato verso la doccia e mentre la penetravo si era messa a gridare come un ossessa.
Nota bene il bagno confinava con la casa dei vicini, quelli al centro della sua pazzia.
Io tutto fatto e arrapato sghignazzavo mentalmente e per fare della malsana ironia le avevo soffiato all'orecchio come un demone dispettoso
“ ci credo che poi i tuoi vicini pensano male di te”

Non lo avessi mai fatto.
Mi aveva espulso dalla vagina come una supposta dal culo e mi aveva guardato con i suoi occhi ipertiroidei fuori dalle orbite e, facendo un urlo orribile aveva sbattuto la porta della doccia con una violenza inaudita.
La porta dato che si era in casa di ricchi era di vetro e di era frantumata.
Avevo guardato orripilato schegghe di vetro lunghe una spanna cadere come una ghigliottina a un centimetro dal mio cazzettino turgido e affamato.
Questione di centimetri e sarei stato evirato alla grande. Lei si era lievemente ferita ai piedi e il sangue colava nella doccia
sangue vetro e rabbia tutti insieme nel gorgo dello scolo,
Devo averle dato un ceffone poi, ancora bagnato, ero uscito dal bagno e mi ero vestito
lei mi implorava di rimanere tenendosi un asciugamanno bianco sulla coscia ferita.
Avevo ancora il cazzo duro. Non ero venuto e avevo deciso di farla finita con quella pazza.
Con tutto quel ciondolare disperato. Devo averle gridato parecchie oscenità poi ero uscito.
E mi ero avviato verso il portone.
Ma non era ancora finita.

Anzi questa era solo la fine del primo giorno e l'inizio della notte.
Mi ero frugato in tasca e avevo visto che avevo circa dieci euro tra monete e carta.
E mentre uscivo ero stato investito da un gruppo di ragazzi che mi avevano chiesto
“ vieni dall' after? Sai dov'è?”
Avevo lasciato la shop a casa ma non avevo sonno e....

NOttE

Ci sono momenti nella vita in cui le persone assennate prendono decisioni avventate e persone avventate prendono decisioni assennate. Io sapevo di avere lasciato nel cassetto di casa mia un grammo di eroina. Sarei dovuto andare a casa a farmi e dormire e il giorno dopo svegliarmi e ricominciare a pensare come procurarmi il denaro x drogarmi ancora e dimenticare la mi ex pseudo mogliettina.
Avrei dovuto comportarmi da bravo tossico assennato.
Ma il caso volle che nel gruppo di ragazzi che entravano c'era un tizio, lo pseudo cuginetto del mio pseudo amico gonzo che ubriaco fradicio mi aveva detto
“c'è un after della madonna: figa , e da bere”
Mentre attraversavo il cortile seguendolo avevo visto la rossa con tutte le finestre spalancate nuda come un verme che mi guardava con i suoi occhi verdi fuori dalle orbite dalla vetrata con il suo formaggio al pepe in mano
“Fanculo “avevo pensato
era credo la settimana della moda e si era vicini a pasqua.
Avevo preso una decisione avventata. Non mi sentivo ne meglio ne peggio di prima.
Ma la curiosità uccise il gatto dice il proverbio e io quella sera ero sicuramente un gatto spelacchiato e curioso che seguiva odori e sapori da tempo dimenticati.

Erano gli odori e i sapori del caos, del 23, Il numero del caos.
Di quando entravamo all'area 51 e la musica andava a 180 bpm e noi ingollavamo una pastiglia verde e ci amavamo tutti e c'erano ancora il bollito e michelle e pensavamo che la rivoluzione tecno avrebbe cambiato il mondo. Ma questa è una altra storia, di altre notti e altri giorni.
E se le muse mi continueranno ad assistere prima o poi la racconterò.

cmq

La casa in cui entrammo era una casa bellissima da ricchi con mobili neri e bianchi, roba d'architetti. Sul buffet c'era spumante di classe fragole tartine e un dj suonava musica a 140 bpm per una cinquantina di persone.
Anche i tizi cui mi ero accodato erano degli imboscati, che avevano sentito di sto after in chissà quale locale, sfigati assetati di figa che non potevano permettersi e che la settimana della moda aveva eccitato come cani all'usta della volpe in una tenuta di campagna inglese malandata.
Il padrone di casa era un tizio che puzzava di Lusso, pelato vestito minimal che ci aveva squadrato e accolto senza problemi apparenti ma dietro quegli occhi simil putin aveva già inquarato l'allegra brigata di sfigati alla caccia di modelle che eravamo.
Eh si, è proprio la settimana della moda mi ero detto mentre mi versavo da bere e mi mangiavo una tartina con salmone
“e io manco lo sapevo cazzo porco ma dove ho vissuto negli ultimi sei mesi?”
e per la prima volta avevo assaporato il rancore vero che provavo x la mia ex pseudo mogliettina.
Morale della favola, le modelle c'erano veramente
una decina di fighe spaziali belle fatte e poi una decina di over cinquanta vestiti con 500 auri di roba minimal addosso che si strusciavano addosso alle modelle....
e giravano queste bottigliette d'acqua che avevano attirato la mia attenzione da tossico...
E' come un sesto senso, forse come le tenevano, a chi le porgevano.
È un dono e una maledizione il sesto senso del tossico.
Forse anche qualche pupilla non parlava solo di alcool e le mascelle non solo di cocaina...cmq avevo notato quei tre o quattro vecchi minimal e le loro bottigliette
Poi c'erano una quarantina di imbucati di contorno, chi arrapato chi a disagio chi si abbuffava di cibo pregiato a buon mercato per lui e si lustrava gli occhi per quella modella che si strusciava su uno dei tizi in minimal e bottiglietta.
Notai che queste venivano scambiate parsimoniosamente tra i capoccia della casa e offerte abbondantemente alle modelle.
MDMA? GHB? Chi lo sa, ma i comportamenti erano piuttosto lascivi. Le modelle erano discinte e disinibite sopra la media nazionale ucraina.
E, poi disorientato c'ero io che non ero neanche venuto, circa un ora prima, anzi avevo rischiato di lasciarci il mio amato cazettino:
Avevo optato per un abbondante bicchiere di wodka con una fragola e un dito di champagne e il divano.
E dopo un po' ero tutto fatto, la gente mi ballava intorno e l'eroina che avevo ancora in corpo dal pomeriggio mi dava un piacevole torpore. Peccato averla lasciata a casa per non finirla se no mi sarei ficcato in bagno a farmi una stagnola
Lo pseudo cugino del gonzo gongolava mangiando fragole. Era ingrassato dall'ultima volta che lo avevo visto

“ hai visto quella? che figa”
mi aveva sbiascicato all'orecchio accennando a una modella che si strusciava su uno dei vecchietti con le bottigliette
“ ma chi cazzo sono questi?” avevo chiesto
“ cazzo ne so, a me hanno detto che è uno di radio popolare”
“ mi sembra strano, ma ormai non so più giudicare questo mondo”
“ ma chi cazzo se ne frega? la figa c'è..... stasera voglio scopare”
“ Mettiti due goldoni, così stai sano e vieni dopo due ore”
“ mai messo un goldone in vita mia”
“ricordamelo quando te lo sto per mettere in culo” e, ah... lavati i denti che hai un alito da uccidere un bufalo indiano”
“e tu sei fatto come un babbuino”
“eh già” avevo sghignazzato, “comodo sto divano”
la musica era la classica musica a ritmo lento Da “in tha house” e le ragazze apparivano sempre più su di giri; erano cominciate a spuntare delle lingue e delle mani sui culi e gli abusivi cominciavano ad essere sempre più emarginati. Ma io mi ero già autoemarginato da un pezzo.
Chissà dove era madame, la mia ex mogliettina.
Avevo visto nitidamente lei che stava sotto di lui e venivano insieme poi gli leccava l'orecchio. Poi la morte sul balcone dove un paio di modelle slinguavano tra loro.
Quelle bottigliette. Gli abusivi tutti avevano i cazzettini duri sotto i loro jeans del fiordaliso:
Dietro il fiordaliso domani: acquistare la robba.
Gli abusivi sempre più ai margini, ai lati del buffet sui balconi un paio di vecchi con le mani sotto il pull over di quella modella bionda con una pupilla diversa dall'altra e la musica ipnottica, una visione panottica delle tette. Il dj non era male, era un mezzo sangue. Haiti il vodoo. Altra fragola e champagne. Detto tra noi eroina e champagne non mi era mai successo.
Poi devo essermi appisolato, una decina di minuti, un ora forse perchè quando ero ritornato alla realtà un bel po di gente ( gli imboscati) era scomparsa e un paio di coppie modella - vecchio stava limonando duro a fianco a me e in cinemascope la faccia del padrone di casa che mi guardava sorridendo, come un papà benevolo offrendomi la sua bottiglietta d'acqua.
Avevo l'arsura in bocca e avevo tirato una bella sorsata
mentre lui sorridente ma deciso, come un padre incestuoso mi aveva detto:
“ adesso ora di andare”
“oh si si”
l'acqua aveva uno strano sapore.
C'era qualcosa che avevo notato sull'acqua in un after pieno di alcool qualche minuto o eone prima?
ma cosa? Un vecchiaccio stava mettendo le mani nella patta di una figa spaziale, con capelli rosso ramato
In un battibaleno mi ero trovato sul pianerottolo e sghignazzando avevo pensato
“Qui sta iniziando una bella orgetta” e poi
“mi hanno drogato.... cristo”
sentivo il sapore dell'Mdma in bocca

Uscendo nel cortile avevo girato la testa verso il loft di Elena Troubelzkoy era tutto acceso e nessuna tenda e lei era ancora dove l'avevo lasciata, nuda come un verme disgustoso e i suoi occhi verdi, belli quanto fuori dalle orbite, puntati addosso alla mia brutta persona.
Era corsa ad aprirmi e una non so quale forza mi aveva spinto ad entrare
le avevo raccontato in breve ciò che mi era accaduto ma lei non era della partita, era nel “pianeta paranoid”: i vicini di casa aleggiavano nella casa come l'odore di una scoreggia di quelle più pesanti dell'aria che ristagngnano, sul pavimento del sangue residuato della bella esperienza nella doccia.
Aveva bevuto quel cazzo di vermuth che stava la sopra la mensola mi aveva baciato; avevo avuto un conato di vomito poi lei aveva biascicato “ scopiamo”
“no veramente, devo andare a casa” iniziavo ad avere bisogno di eroina e non volevo svegliarmi in scoppia la mattina dopo in quella casa dal frigo vuoto di fianco a una donna che non amavo.
ero andato alla porta mentre lei diceva di nuovo
“ scopami “
lo giuro, lo disse tre volte come pietro prima che il gallo canti anche se in quel momento ero la cosa meno appetitosa sulla faccia della terra. Ero brutto preoccupato, avevo la sensaione che a breve non sarei stato lucido e quel sapore di chimico in bocca.
“dai vado ci vediamo domani”
“scopami”
feci per uscire: la porta era chiusa, “nooo” avevo pensato
“apri”
“no”
“porco dio apri, devo andare a casa”
“no”
“per favore “avevo provato a blandirla “devo andare a farmi”
“sei un drogato”
“guarda un po' adedesso te ne aggorgi, a sto punto...apri cazzo”
“resta con me” e aveva provato a toccarmi il pacco
“apri cristo dio porco e la madonna puttana e tutti gli angeli in colonna...”
aveva gli occchi come mars attack...
“no”
allora ero impazzito e come una furia avevo afferrato il suo prezioso mac del cazzo e lo avevo messo fuori dalla finestra
“apri” avevo detto gelido e allora, come sempre succede in questa schifosa società quando colpisci direttamente al portafoglio lei era andata a prendere le chiavi che aveva nascosto nel frigorifero
“che assurdità” avevo pensato ma, nel contempo mi ero anche detto,
“se le avessi cercate non le avrei trovate”
e aveva aperto guardandomi strano
“sei proprio uno stronzo”
“mi dispiace, hai ragione. “
Ma ero troppo preoccupato dal fatto che sentivo la droga che cominciava impadronirsi di me:
io, io che avevo passato un quarto della mia vita ad assumere sostanze ora mi sentivo stuprato.
Quei russi di radio popolare o chi per loro, gli alieni o chi per loro mi avevano immesso droga a mia insaputa nel corpo:
DOVEVO ANDARE A CASA MIA CRISTO SANTO

SECONDO GIORNO (mattina)

Quando misi i piedi fuori da quel maledetto portone era....
quel momento che non è ancora giorno ma non è più notte quei dieci minuti prima dell'alba quando il cielo assume una vaga sfumatura di luce. Quell'ora in cui le persone normali dormono.
Ne avevo viste parecchie di quelle luci ma questa volta non ero della partita cinque km in linea d'aria mi dividevano dalla salvezza e dalla mia amata eroina, “calma, disciplina e senso dell'umorismo” mi ero detto
E la testa mi stava diventando leggera mentre camminavo verso il ponte di via Tortona che raggiunge Porta Genova e la stazione della metro che mi avrebbe dovuto ricondurre ai miei lidi, laggiù, al Gratosoglio.
Le strade erano reduci da una nottata di baldoria, scritte pubblicitarie fatte con lo spray sui marciapiedi diventavano sempre più fluorescenti. E sentivo un calore strano
E la luce fu.
Il sole cominciò a salire illuminando quello sfacelo, illuminando zona tortona come una donna stuprata che conserva tutta la sua dignita barcollando verso il pronto soccorso a farsi fare il kit stupro....
dovevo assolutamente cogliere quell'attimo: avevo preso il mio cellulare e con l'unico brandello di lucidità rimastomi avevo messo l'opzione video della macchina fotografica.
La scritta arancione con scritto qualcosa in arancione lampeggiava
dovevo documentare ASSOLUTAMENTE questo momento
i paletti gialli avevano una forma perfetta ad u rovesciata
e la luce sembrava emanare un profumo
intenso di fiori freschi: ero vivo ed ero felice
“dannato di un russo di radio popolare” avevo pensato poi era stato il BLACK OUT

SECONDO GIORNO ( primo Pomeriggio)

A mente lucida, per quanto possa essere lucida la mia mente, dopo parecchio tempo e indagini psicologiche e psicanalitiche psichiatriche e reali ho capito che molto probabilmente quella che mi avevano fatto bere, chissà perchè, era una qualche droga dello stupro tipo mdma, ghb, roipnol perchè da quel momento il primo ricordo coerente che ho è di qualche ora dopo a casa mia all'amato Gratosott'olio.
Sono alla mia scrivania, con la faccia schiacciata su una stagnola di eroina e in casa c'è un mio amico, Luca, che sta cucinando una pasta al ragù.
La prima cosa che mi chiedo è “ come mai sto drogandomi di fianco ad un mio amico che non dovrebbe sapere che mi drogo? e che anche se lo sa non mi avrebbe permesso di farlo davanti a lui?”
Ha una faccia strana, tra l'ironico e il preoccupato
“Ma che cazzo ti è successo stanotte?”
bella domanda:
“Bella domanda”

A posteriori ho cercato di ricostruire le sei sette ore di buio che mi dividono da via tortona a quella pasta al ragù.
Ma non avevo testimoni ne ero finito al pronto soccorso ne ho dedotto che il mio istinto di drogato abbia inserito il pilota automatico e che, come in trance, abbia preso i tre mezzi che mi dividevano da casa e dall'eroina; che una volta arrivato a casa probabilmente avrò cercato di fumare e mi sarò addormentato, dopo di che, Luca, come spesso accadeva la domenica mi avrà citofonato e trovatomi in quello stato non si sarà fatto troppe domande e avrà deciso di darmi una mano invece di farmi subito la paternale
Di una cosa sono sicuro:
qualche giorno dopo ho trovato degli indizi nei file della telecamera del mio cellulare:
tre video della durata di circa dieci minuti l'uno.
Video in cui una persona ciondolante riprende tre diversi punti di vista di via savona
sbiascicando cose strane con una voce simile alla mia, ma avrebbe potuto essere anche satana.
Gente passa a fianco e chiede a costui se sta bene, gente passa e non dice niente, gente mi viene incontro guardandomi in maniera preoccupata o ironica o divertita, poi ancora preoccupata
qualcuno domanda qualcosa, altri dicono cattive parole,
chi riprende risponde cose incoerenti parla di satana, di dio della morte, della luce
non li ho più quei video,
credo che la vergogna mi spinse a cancellarli o più probabilmente sono rimasti in qualche memoria da qualche parte e quando morirò , se qualcuno sarà così curioso di frugare nel caos che fu la mia vita li troverà...

 continua....

lunedì 1 aprile 2019

profezie che si autoavverano

La profezia.

L'anno esatto non lo saprei dire, di sicuro era il Millennio scorso il 97 o il 98,
Era di sicuro l'epoca della “Giamba” la plaza dei giardinetti di via Giambologna, dove spensierati e con molti più neuroni e capelli in testa la mia ed altre compagnie di spostate passavano le giornate fumando cyloom e giocando a calcetto.
Dalle undici del mattino fino a notte, tutti i giorni intorno ai due campetti da basket e alle panchine si riunivano crocchi di persone che raggiungevano nelle ore di punta del pomeriggio o della sera punte anche di 60-70 individui che collavano cilotti e sparavano cazzate.
C'era ancora la lira e un lotto di pregio costava 20mila lire, si collava uno scudo a cranio i si faceva la carruba per chi appizzava e a volte scoppiavano discussioni e anche mezze risse perchè c'erano certi strafocchioni che si sfondavano il lotto con tiri mostruosi e il quarto si beccava la fonda.
Ma la maggior parte delle volte ci scappava anche la freee winta, il quinto tiro gratuito che andava allo scroccone di turno o all'amico che quel giorno era senza cash.
Il sabato sera ci ritrovavamo a casa di qualcuno i cui genitori non c'erano a bere rum e coca cola e fumare ancora, poi si ritornava in plaza verso le dieci per vedere cosa prometteva la serata e a volte saltava fuori che ci compravamo pure una pasta da Coccia, uno della compagnia di tibaldi 50 che aveva dei cilindretti verdi da paura e andavamo ai primi rave illegali all'area 51 o a ballare la teckno Erano gli anno in cui si respirava aria di cambiamento, e inconsciamente tutti speravamo che sarebbe venuta la rivoluzione tecno e avremmo ballato felici sulla testa del mondo dei nostri genitori.
Comunque, non quella calda sera d'estate, era fine giugno e non c'era niente da fare, e faceva un caldo appiccicoso e stavamo li a stonarci parlando delle solite cose ridendo, o meglio, sgignazzando per le cazzate che l'hashish e la birra ci facevano sparare.
Eravamo tutti convinti che drogarsi fosse giusto e bello che fossimo dei gran furbi a vivere ai margini della legge e della realtà semmai i coglioni erano gli altri, gli inquadrati, quelli che lavoravano o studiavano diligentemente invece che vivacchiare facendo un esame per non andare al militare. Tanto non eravamo che al secondo o terzo anno.
Quella sera io Maurino e Ciccio che a quei tempi eravamo inseparabili e che ci capivamo con un cenno e che avevamo lo stesso senso dell'umorismo macabro e tagliente eravamo andati alla fontanella a bere.
La fontanella era dalla parte opposta della plaza e, mentre percorrevamo il pratone deserto, nel buio fuori del cono di luce prodotto da uno dei 4 giganteschi fari alti 15 metri che illuminavano il giardino, avevamo visto una sagoma scura da cui una brace rossastra usciva del fumo.
Incuriositi e dandoci di gomito sghignazzando con il nostro mozzicone di canna ci eravamo avvicinati a vedere la novità della serata: bastava poco per essere felici a quei tempi
Alla fin fine la sagoma fumente si era rivelate essere questo tizio sdraiato a terra su una giacca di pelle e uno zaino come cuscino che fumava una sigaretta.

Era di età indefinibile, quello che percepivamo era che era sicuramente più grande di noi, aveva qualche capello bianco nella lunga coda e uno sguardo in tralce tra l'incazzato e il menefreghista.
Ci aveva chiesto due tiri della canna che Maurino a malincuore gli aveva passato
“Vi divertite eh?” ci aveva chiesto, con un tono che mi parve rassegnato e sprezzante allo stesso tempo, noi gli avevamo fatto all'unisono un alzata di spalle elui aveva proseguito come parlando a se stesso
“certo che si divertono, vuoi dargli torto?”
“ perchè hai qualcosa in contrario” questo fu maurino aggressivo
“no miei cari, anzi vi ringrazio per la canna”
“ e tu, cosa ci fai qui?solo sdraiato e con una valigia” gli avevo chiesto io
“sto facendo lo scipeero della fame, la vedi quella finestra li? La dietro quelle tende c'è mia madre che guarda e piange”
“che cosa fa?” piange e adesso che vi ho visto e mi sono ricordato di come ero quando avevo la vostra età mi vien da piangere anche a me
“ affritemi una sigaretta e vi spiegherò tutto”
Ciccio gli allungo il pacchetto , ci sedemmo e lui ci raccontò la sua storia.

“ anche io ero un come voi pischelli, quindici anni fa, mi facevo le canne e prendevo i trip e tutto quanto finchè alla fine non ho cominciato con la robba, ma solo pippata,
noi eravamo curiosi perchè sebbene laa roba fosse tabu nel nostro gruppo tutti quanti ci avevamo fatto un pensierino segreto.
Per anni mi sono fatto senza farmi sgamare dai miei e tutto quanto, ma alla fine ho cominciato anche a farmi le pere, e li alla fine mi hanno sgamato e dopo un anno i miei mi hanno fatto andare in comunità. Adesso sono scappato e sono venuto dai miei ma quei bastardi non mi vogliono fare salire allora sto qui, e aspetto la vedete quella finestra la dietro la tenda c'è mia madre sta stronza che sta guardandomi....
gli avevamo lasciato la canna ed eravamo andati alla fontana, maurino diceva
guarda che pirla e lo avevamo preso per il culo come uno sfigato quarantenne fallito tossico, sghignazzando come scemi
Ma mentre tornaVAMO MI AVEVA PRESO UNA BOTTA DI TRISTEZZA E mi ero zittito
da qualche parte nella mia coscienza una vocina mi diceva, questo potrebbe essere il tuo futuro, tutto quello che sto facendo e che mi sembra divertente potrebbe finire così o anche peggio.
Dopo pochi minuti avevo trovato una scusa e me ne ero andato a casa dove sapevo che mia madre era sveglia sul divano aspettando il mio rientro, con tutta l'apprensione del mondo sulle spalle.
A casa avevo salutato mia madre ad occhi bassi, e mi ero rifugiato in camera mia mi ero masturbato pensando a qualche mia amica che mi piaceva e mi ero addormentato come una pera cotta.
Dormito il sonno del giusto
Per anni non ci avevo più pensato a quella figura allampanata, continuando nel mio percorso di dissipatezza e fallimenti fino all'altro giorno che mi sono accorto che la profezia che mi ero fattoo si era autoavverata.

Alice in Chains - We Die Young

Alice in Chains - We Die Young

venerdì 11 maggio 2018

Milano rwanda

E' la fine.
La finestra mi parla, mi chiama, il selciato palpita, la realtà ondeggia.
E' finita. Devo incarnare una volta per tutte questa umanità morente, puzziamo di cadavere appena nati, non ci posso pensare.
Ogni parola mi colpisce come un pugno.
Sono nudo sul letto, e penso ai vari modi per suicidarsi.
Tagliarsi le vene per fare uscire finalmente il sangue che mi ribolle nelle vene.
Spararsi nel cervello per farlo smettere di funzionare.
Impiccarsi per strozzare queste inutili parole in gola.
Sto nudo sul letto con questa insensata erezione e, ad un certo punto lo rivedo: Il giorno del giudizio, lo spartiacque della mia  vita: Kybuye, Rwanda, la mia città, il 7 aprile 1994.
Rivedo l'orrore, la strage.
Fin dalla mattina Radio MIlle Colline ha cominciato a dire di " tagliare gli alberi alti", condito con musica reggae e musica tradizionale Hutu.
Poi Rock n' roll: Motley crue e la frase " eliminiamo gli scarafaggi".
Alla spicciolata, dai campi, sono cominciati a scendere uomini armati, Interhamwe, non era gente del posto e si sono incominciati a sentire i primi colpi abbiamo iniziato a vedere delle persone fuggire.
Ma non c'era luogo dove andare. tutti quelli che veniva trovati venivano radunati sulla piazza dellla chiesa, chi scappava colpito alla schiena.
Poi è cominciato l'inferno.
Prima hanno cominciato con le pistole e i fucili che avevano, precedenza ai maschi, uccidere gli scarafaggi che fino al giorno prima erano i loro, i nostri vicini di casa. 
Poi sono finiti i proiettili e siamo passati al machete e chi non lo aveva gli davano un bastone con due  chiodi conficcati alle stremità come le tibie della bandiera pirata.
Uso la prima persona perché adesso siamo tutti come loro, quelli che hanno cominciato la disinfestazione.
Tutti devono uccidere, chi non vuole farlo è un amico degli scarafaggi, a sua volta un insetto nocivo e come tale deve essere schiacciato. Non c'è una donna che non urli da entrambe le parti, donna o scarafaggio.
Dei bambini piangono rannicchiati , un tizio mai visto con pupille enormi e diverse mi trascina verso di loro e mi da il bastone, tremo:
" guarda sono solo scarafaggi" e mi punta il fucile. sarà ancora carico?, non voglio, è orribile ma quel pianto disperato e senza speranza mi sta facendo impazzire. Non distinguo più le pupille nere di paura dalla canna del fucile
"sono solo scarafaggi" ripete con occhi folli in cui non si distingue più il confine tra bene e male,vita e morte, ha le mani sporche di sangue.
Il pianto sale altissimo, il ritornello dell'uomo
"sono solo scarafaggi" mi entra nella testa come una lama e la canna del fucile è una pupilla: ho paura di morire, il mio braccio non vuole morire e si  muove, si abbatte: un colpo secco e il cranio del ragazzino si spappola con un "plop" osceno: sono anch'io un assassino. 
Poi ancora l'inferno,c'è sangue ovunque per terra sui vestiti, sulle mani sulle mie mani così distanti, siamo tutti inebriati dal suo odore come di ferro arrugginito.

Un intera giornata a schiacciare scarafaggi.
Scende la notte sulle verdi colline un tramonto bellissimo e su di noi scende la stanchezza:  ho ucciso quella famiglia di miei vicini, per penultimo ho decapitato il figlio che mi rubava il lavoro mentre il padre doveva guardare e ho violentato la sorella.
Sangue ovunque, ci laviamo con dell'acqua limpida, l'unica cosa limpida in questo giorno.
Altri scarafaggi tremano in fonda alla chiesa non devono scappare. domani arriveranno i priettili e siamo troppo stanchi per colpire ancora. Per questo lavoro basta un taglierino o un coltello affilato. Solo gli uomini, le donne sono già morte, anche se respirano e tremano.
Tagliamo i tendini delle caviglie e lasciamo nella loro trappola, urla strazianti, domani finiremo il lavoro se va bene con un paio di bombe a mano che dovrebbero arrivare; dall'altare un Gesù cristo immobile ci guarda e approva: "Dio è con noi Hutu", odia gli scarafaggi come noi "Le fosse non sono ancora piene" ma forse è radio Mille colline la voce che sento e Gesù se ne frega bellamente condannato da 2000 a stare appeso a una croce.
Le donne piangono i bambini urlano 
" tagliare gli alberi alti" 
d'un tratto sono pieno di rabbia, ritrovo le forze e colpisco nel mucchio, il machete si incastra nel cranio di una vecchia e devo far leva col piede per disincastrarlo.
Un Interhamwe sta violentando una ragazza, puttana, le andrà di lusso: la lasceranno viva che si porti dentro la nostra vendetta: sangue marcio e figlio Hutu, un mezzo scarafaggio.
Li guardo sotto l'altare maggiore, hanno smesso di vivere e ormai in silenzio aspettano che venga di nuovo la lce del sole, l'ultima che vedranno e sappiano che noi lo sappiamo, nessuno chiede più èietà non ce ne sarà. Mai più.
Mangiamo, sporchi di sangue e poi mi addormento di un sonno profondo. domani magari tutto questo sarà  solo un brutto sogno e invece, la mattina, un colpo di arma da fuoco mi sveglia.

e sono un assassino su un letto di spine e comode piume in una stanza disadorna nel mezzo del nulla, a Milano. sono un niente di carne ossa e nervi, stupido ragù destinato ad andare a male.
Ma anche oggi non trovo il coraggio.
La fine non è ancora arrivata.